
Nelle profondità di Keil Space con lo storico dell’arte Rolando Bellini.
Critico e professore di storia dell’arte, graphic art, estetica ed arte museologia presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera, Rolando Bellini è noto per la sua conoscenza e passione per l’arte rinascimentale. Con più di 50 anni di attività alle spalle, è uno dei maggiori studiosi italiani di Michelangelo e Leonardo. Il Prof. Bellini ha recentemente visitato lo spazio artistico di Samantha Keil, proponendo considerazioni frutto di uno sguardo approfondito sull’artista inglese.
Accompagnati dal Prof. Bellini, varchiamo l’entrata dello spazio ipogeo, lasciando alle spalle il mondo esterno. Accolti da suoni e profumi travolgenti, la sensazione è quella di essere entrati nella culla di un futuro remoto: uno scenario moderno ci introduce in “un’antica caverna abitata da esseri umani primevi” dice Bellini, che, fatto il suo ingresso nella sala colonnata, da subito riconosce la capacità del luogo di aiutare a mettere a fuoco l’ambiente circostante con lo stupore di cui parlava Nietzsche. Il filosofo diceva: “Se non provi stupore non è un incontro vero.” Sin dai primi istanti lo storico nota, dal punto di vista percettivo, un cambio di registro, di paradigma, rispetto agli spazi espositivi a cui siamo abituati. Nella sua testimonianza, Bellini intende l’esperienza artistica di Keil Space come un viaggio non solo artistico, ma anche “iniziatico”. Per ognuna delle collezioni di Keil Space, lo storico si sofferma con queste parole:
Parlando di “Lovers” (1984-1989) della Prima Generazione di Bronzi, Bellini fa una prima associazione, ricordando la struttura a spirale del “Ratto delle Sabine” di Giambologna, una delle sculture che popolano la Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria a Firenze, specificando di che termini si avvale il suo paragone:
“Pur con le dovute differenze, quello che rimane, ed è certo, è la forma di per sé, cioè la sua essenza essente. E questa forma dice molto, e racconta di queste cadenze plastiche e volumetriche, di pieni e di vuoti, di questa rotazione musicale. E quindi una ricerca che si apre verso altro, verso diversi mondi; c’è anche un’attenzione alla compenetrazione di volumi, e nel dettaglio, la membratura della forma è realizzata come se fossero delle nervature che si intrecciano. Con questa splendida, elegante rotazione dei corpi, dove vuoto e pieno sono complementari, l’armonia delle proporzioni è dettata da una doppia simmetria interna che ipnotizza l’occhio. È un lavoro che probabilmente ha avuto un ciclo, ma che continua a essere capace di generare nuove possibilità e potenzialità, perché è un discorso aperto.”
Durante la visita alla Seconda Generazione di Bronzi, il Prof. Bellini ha avuto la possibilità di consultare il quaderno che l’artista ha usato per gli studi analitici che motivano la struttura di “Sabre” (1986-1998). Meravigliato da queste pagine, fa un’ulteriore osservazione che connette il lavoro della Keil con la multidisciplinarietà tipica di artisti rinascimentali come Leonardo, che della sintesi armoniosa tra scienza e trasporto emotivo faceva la chiave della sua arte.
“Sam Keil è riuscita a creare un nuovo livello di purezza formativa, un lavoro che traduce la plasticità delle figure in informazioni visive di altissimo impatto comunicativo. Con la sua tecnica, l’artista è riuscita a scolpire la luce.”
Secondo Bellini, “Sabre” rappresenta un ponte tra civilizzazioni antiche, presenti e future, un richiamo ad una conoscenza ormai persa, che l’artista intende riportare all’attenzione dei contemporanei secondo linguaggi autenticamente nuovi. Procedendo nell’arte dedicata alla Nuova Generazione, lo storico si esprime così:
“La terza stazione di questo viaggio, un viaggio iniziatico ovviamente, è l’occhio magico di una tecnologia avanzata, che rileva il tutto nella singola parte, la visione cosmica dell’infinità materica.”
Invitando l’artista a perseguire la sua rotta e i suoi obiettivi, Bellini conclude l’intervista così:
“Nella città di Firenze, sempre ammantata nel pesante mantello del cosiddetto Rinascimento, diventato recupero di un antico, ora glorificato e trasfigurato in altro da sé, Keil Space può essere una provocazione molto intrigante. Per quel che mi consta non c’è esperienza così a Firenze. L’arte, dice un signore russo particolare, Jurij Michajlovič Lotman, è la sfida più alta a cui si può attendere. E Keil Space mi sembra la dimostrazione.”
L’intervista è disponibile sul canale YouTube di Keil Space, ed è stata trascritta in un articolo pubblicato da “La Nazione”. L’intervista completa è disponibile a questo link.